Mappature del reale per un futuro da creare

Per un piano di accoglienza e inclusione dal basso

La casa che non c’è, il lavoro intermittente e senza garanzie, il welfare che esclude, le istituzioni respingenti: il quadro tracciato da Mappature del reale per un futuro da creare, il piano dal basso per l’accoglienza e l’inclusione elaborato dal Forum per cambiare l’ordine delle cose, è allarmante. Un documento con cui il Forum, insieme a diverse realtà impegnate nella tutela dei diritti – tra le altre Refugees Welcome, Grei250, Fondazione Migrantes, Rete EuropAsilo – guarda al Piano di sostegno all’integrazione che dovrebbe varare il Governo, stando al decreto legislativo 18/14 e a partire dall’art 5 del DL 130/2020 convertito in legge n.173 il 18 dicembre.
L’obiettivo delle associazioni è quello di fornire al governo una panoramica dello status quo in merito a accoglienza e percorsi di inclusione, per allargare il campo e indicare suggerimenti di policy e proposte concrete. E’ un ruolo attivo quello rivendicato dalle realtà che oggi hanno presentato il piano dal basso, che sollecitano le istituzioni a costruire un dialogo costante e continuativo con chi si impegna sul campo per la garanzia dei diritti di tutte e tutti e la tutela dei processi di inclusione. Sono proprio i gruppi e le associazioni che nei territori agiscono concretamente – con sportelli di sostegno legale, spazi informativi, percorsi di accompagnamento all’autonomia, azioni di contrasto allo sfruttamento sul lavoro, attività di inclusione sociale… –  a poter indicare le debolezze, i punti forti, le necessità dei territori stessi e delle persone che li abitano. Sono loro ad essere stati ascoltati dal Forum per cambiare l’ordine delle cose, in un percorso di confronto durato oltre sei mesi, che ha coinvolto più di trenta realtà di base, gruppi organizzativi e associazioni presenti su tutto il territorio nazionale. Da questo confronto non è nata solo la mappatura delle urgenze, ma anche il quadro di ciò che già viene realizzato, spesso dal basso, proprio per sopperire ai nodi causati dalle mancanze istituzionali: azioni concrete ed esperienze reali che fanno la differenza nella vita delle persone, migranti e rifugiati ma anche cittadine e cittadini dell’intera comunità. Perché se i diritti sono rispettati, se le persone si relazionano, se la società è inclusiva, ne giovano tutte e tutti.
A queste esperienze il governo dovrebbe guardare come a modelli concreti di alternative possibili e già in essere, con cui interfacciarsi e a cui chiedere come plasmare politiche aderenti ai bisogni reali: questo servirebbe, per un Piano di integrazione veramente efficace e che non resti tale solo sulla carta, che possa finalmente intervenire sui nodi cruciali che si frappongono tra l’individuo e la sua realizzazione autonoma nella società.
Il lavoro e la casa in primis: due aspetti ancora troppo precari per l’intera collettività, e ancor più per i soggetti più vulnerabili, tra cui migranti e rifugiati. Discriminazioni, sfruttamento, mancanza di politiche di sostegno sono le prime barriere con cui le persone con background migratorio si scontrano tanto nella ricerca di un impiego quanto di un’abitazione.
A questo si associa un welfare che, contrariamente all’obiettivo per cui dovrebbe esistere, si rivela spesso escludente: la mancanza di formazione degli operatori e la scarsa attenzione alle necessità di cui i nuovi cittadini sono portatori rivela come le istituzioni non sostengano al momento reali percorsi di inclusione, quanto piuttosto mantengano una forma di ghettizzazione sociale, che di fatto costringe migranti e rifugiati a restare in uno status di costante bisogno. Un aspetto che va di pari passo con l’atteggiamento distante quando non apertamente ostile delle istituzioni, che spesso ostacolano il godimento dei diritti di cui migranti e rifugiati sono portatori.
Alle voci delle realtà che operano sul campo, e che nel piano dal basso vengono fatte emergere e valorizzate, si affianca anche quella delle diaspore, che denunciano l’assenza pressoché totale di protagonismo nella società. Il punto di vista, le raccomandazioni, le valutazioni dei soggetti con background migratorio stentano ad essere raccolti dalle istituzioni, ad essere fatti propri da chi poi deve produrre politiche e norme. Tale mancanza di attenzione non si traduce solo in policy lacunose, parziali e inefficaci, ma anche in una società sempre più chiusa su se stessa, che non comprende l’arricchimento che potrebbe derivare da una vera apertura a chi può portare un punto di vista innovativo, critiche costruttive allo status quo e nuove prospettive per cambiare il reale.
E’ a partire dal confronto con i territori e chi li vive, e dalla sintesi trovata con tutte le realtà coinvolte, che il Forum per cambiare l’ordine delle cose, insieme alle realtà che hanno partecipato al percorso, sollecita il governo su alcuni punti precisi:

– Crediamo si debba ripartire dal contesto locale, dal ruolo delle Regioni e delle reti sociali esistenti per affrontare le criticità.

– Crediamo sia necessaria una piattaforma di proposta e di monitoraggio del piano integrazione che possa coinvolgere gli attori sociali e le diaspore, a partire da un piano di osservazione territoriale.

– Crediamo che sia indispensabile tracciare un bilancio periodico dei processi di inclusione e della loro riuscita in termini di qualità della vita delle persone, che possa essere misurato da indicatori del benessere, un benessere che deve caratterizzarsi a partire proprio dalla qualità della consapevolezza dei limiti e potenzialità.

– Crediamo che la molteplicità dei piani di intervento, le prassi sperimentali frutto dell’attivazione della società civile, le voci delle esperienze dirette dei cittadini con background migratorio debbano essere oggetto di un attento studio socio-antropologico al fine di elaborare nuove strategie.

– Crediamo che debba essere ripreso con forza il progetto lanciato nel 2019 dal Comitato delle Regioni dell’UE, insieme alla Commissione europea e agli enti locali e regionali, “Regioni per l’iniziativa di integrazione” volto a migliorare i processi inclusivi e i potenziali benefici nelle città, nei centri e nelle zone rurali dell’UE, nonché i costi politici, sociali ed economici della mancata integrazione.

– Crediamo che sia necessario prendere in considerazione le tante esperienze che mettono in atto percorsi di inclusione attraverso attività artistico-culturali: numerose, ma spesso frammentate, gioverebbero di uno momento di monitoraggio e coordinamento sul piano nazionale, che porterebbe alla conoscenza di quanto già presente e al confronto istituzionale, per arrivare a una vera valorizzazione delle stesse.

– Crediamo ora più che mai che il ruolo svolto dalla società civile e dalle autorità locali sia fondamentale al fine di creare una forte rete di relazioni tra le comunità di accoglienza, i migranti e le istituzioni.

– Crediamo che la spontaneità degli interventi sociali e di solidarietà verso i migranti e rifugiati, debbano essere valorizzati in un confronto continuo con gli enti di tutela per una ricaduta nell’elaborazione delle necessarie nuove policy, così come sicuramente debbano essere centrali i piani di intervento regionali e gli stanziamenti verso un welfare più accessibile.



Dalle migrazioni, i paesi di ingresso possono trarre miglioramenti culturali, sociali, economici. Occorre però il coraggio politico di effettuare scelte che sovvertano l’ordine attuale, fatto di leggi spesso superficiali e estremamente mutevoli, che tengono davvero poco conto delle persone e del necessario sostegno alla loro inclusione e autodeterminazione. Le sfide che arrivano dalle migrazioni vanno viste come opportunità, soprattutto in un contesto in cui la crisi economica europea fa emergere disuguaglianze sempre maggiori e tensioni sociali. Su queste intervengono le esperienze dal basso, con azioni di mutualismo, sostegno, rafforzamento delle comunità locali: straordinarie esperienze di costruzione di coesione sociale. Se finora hanno costituito un’alternativa, ora devono assumere il ruolo di protagonisti attivi del cambiamento sociale e politico, con la valorizzazione e il riconoscimento delle istituzioni.

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